Fine anno è tempo di bilanci

Alla fine di un anno si è soliti fare il punto su quanto è successo nella vita sociale nell’economia, nella politica e nello sport, nel costume come nella cronaca (per lo più sempre nera). Non ci sottraiamo alla tradizione ma proviamo a concentrarci solo su tre argomenti.

“Il coraggio uno se lo può dare”, questo il tema scelto dall’Arcivescovo Delpini per il discorso di sant’Ambrogio, tradizionalmente rivolto alla città di Milano e alle città della diocesi- Mons Delpini rovescia la manzoniana affermazione di don Abbondio per rompere quel clima di paura che sembra imbalsamare le nostre società opulente, rendendole incapaci di affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti. L’Arcivescovo se la prende con i seminatori di paure, in particolare “c’ è quindi una responsabilità indeclinabile di coloro che operano nel campo della comunicazione”, ma anche nel tipo di giudizio che ciascuno utilizza nella comunicazione personale. C’è una responsabilità degli educatori sia scolastici che religiosi nel seminare pessimismo e malumore che contagia i più piccoli. La conclusione è netta “diffondere la paura (…) e il conseguente distacco dagli impegni comuni “generano un individualismo che giova ai mercati e alle ambizioni autoritarie. L’umanità, tuttavia, può vivere solo di fiducia.

«Ci saranno ancora, a Milano, uomini e donne che si fanno avanti per seminare fiducia? Ci saranno ancora, a Milano, uomini e donne, che seminano fiducia perché meritano fiducia? Ci saranno uomini e donne che aiutano la città a cambiare aria perché sono onesti, sinceri, dediti al bene comune, affidabili nelle parole che dicono, trasparenti nel loro operare, virtuosi senza esibizionismi, costanti senza testardaggine, pronti alle responsabilità senza arrivismi?

Ci saranno uomini e donne pronti a contribuire al presente e al futuro della città nella sua dimensione metropolitana praticando e promuovendo un umanesimo della fiducia, che non si curano per prima cosa di rendere attraente la città dando fiducia agli investitori, ma sono convinti che la città avrà un futuro se avrà abitanti, se avrà bambini, se custodirà rapporti di solidarietà, di buon vicinato, di corresponsabilità?»

Come generare questa fiducia?

“La fiducia ha un fondamento irrinunciabile nel confidare in Dio. Il fondamento trascendente della vita di ogni persona e della vicenda storica è censurato come un fastidio dall’ingenua presunzione del pensiero che si presenta come critico, ma che si deve riconoscere come riduttivo. Il riferimento a Dio è stato decisivo per uomini e donne di ogni religione e di ogni credo che hanno segnato la storia dei popoli. La fiducia richiede un fondamento trascendente”.

Richiama poi le esigenze del dialogo tra diversi, la ricerca di alleanze positive e infine la parola tanto ostracizzata ma fondamentale, il compromesso che “talvolta è un passo avanti affascinante e promettente. Accenna infine a tre temi decisivi: la crisi demografica, l’educazione e le migrazioni, concludendo e rilanciando l’appello di San Giovanni Paolo II : “non abbiate paura aprite le porte a Cristo!”

Il secondo tema su cui porto l’attenzione è venuto alla ribalta soprattutto in questi ultimi mesi anche se cova sotto la cenere da tempo. Si tratta dell’irrilevanza dei cattolici nella vita pubblica. Anche recentemente il card. Zuppi ha chiesto ai cattolici di “implicarsi”.

A me pare che questo tema sia affrontato più come un problema politico che religioso. Tra Meloni e Schlein, infatti, come ha rilevato Castagnetti ultimo segretario del Partito Popolare Italiano, lo spazio per un’identità politica cattolicamente significativa è stato del tutto chiuso, fatte salve singole preziose testimonianze personali. Non è tuttavia un problema di oggi, risale ormai agli anni post tangentopoli con la fine della Democrazia Cristiana, la teorizzazione della diaspora dei politici cattolici in novi contenitori laici, soprattutto l’identificazione dei cosiddetti “cattolici democratici” come gli unici rappresentanti degni della continuità di una storia gloriosa.

Trent’anni dopo il risultato è sotto gli occhi di tutti: poca o nessuna lettura originale della realtà, cedimento progressivo all’affermarsi di nuovi diritti senza capacità di discuterne il merito con argomenti degni della causa.

Per capire l’esito è bene riandare al punto di partenza quando da dietro la cortina di ferro che allora divideva l’Europa, il teologo Zverina, uomo dell’opposizione cecoslovacca con Havel e altri, ammoniva i cristiani occidentali: “Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans, il suo modo di pensare.

Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. È ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo”.

L’ironia di questa frase finale, sempre in ritardo, descrive bene tanto attivismo che insegue agende fissate da altri, clima. migrazioni biotecnologia della riproduzione e tante sfide della modernità che sono affrontate senza un’attrezzatura adeguata o, come dice Mons. Delpini, senza un fondamento irrinunciabile.

Il terzo tema cui posso solo accennare è la riflessione che si va diffondendo, almeno a livello di studi, della crisi del liberalismo così come l’abbiamo conosciuto fin qui, cioè come uno strumento di organizzazione sociale capace di ridurre le ingiustizie, distribuire ricchezza, creare democrazia.

Evidentemente qualcosa non ha funzionato, l’idea che la libertà dei mercati producesse benessere per tutti si è dimostrata falsa, così come la diffusione generalizzata delle democrazie nel mondo.

E’ la palese dimostrazione che il criterio solamente economicistico non basta a comprendere e affrontare la realtà. Trascura infatti il punto cruciale e cioè che i popoli vivono di cultura e religione che informano il loro modo di essere assai più profondamente della situazione economica che vivono ma soprattutto non possono essere cancellate mai del tutto.

Una globalizzazione che non tenga conto di questo è destinata a sostenersi solo con la guerra, fredda o calda che sia. L’Occidente in particolare, che ha cancellato o fa di tutto per cancellare la sua eredità cristiana è il meno attrezzato sul tema e può solo mostrare i muscoli, finché avrà la forza per farlo.

Non comprende infatti che la Russia non è solo Putin, il Patriarca filo Putin e i suoi adepti, ma è un grande paese di cui l’ortodossia costituisce un’ossatura fondamentale che lo ha difeso dalle ricorrenti invasioni asiatiche e le cui mire espansionistiche vanno affrontare su un piano che non può essere solo quello militare. In questo senso considero un grave errore aver spostato la data del Natale ortodosso in Ucraina assieme a quello cattolico perché costituisce l’utilizzo di un fatto religioso per fini politici con il rischio reale di alimentare ulteriormente l’odio .

L’incomprensione dell’ortodossia ha già prodotto grandi lutti nei Balcani non troppi anni fa e oggi nuovamente ci sono in Serbia moti che non lasciano presagire niente di buono.

Qui ci sarebbe lo spazio di un giudizio da cristiani cattolici attenti alle diverse concezioni del mondo e in particolare alle religioni che informano la vita del popoli.

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